Ricordo di Piero Sadun pittore e partigiano

su Patria, 4 maggio 1975

Quando dieci anni fa, per il ventennale, chiedemmo a Piero Sadun che ci scrivesse qualcosa, una testimonianza della sua esperienza di partigiano, non parlò di sé, né della lotta, della paura, del dolore di qualcuno di noi.
Ci disse di "Fortuna" un cane spinone biondo con gli occhi gialli che ritrovò accanto al corpo di Arturo il suo padrone che giaceva "il suo corpo imbrattato di sangue, sfregiato a gridare la testimonianza della bestialità, della ferocia degli assassini".
"Fortuna, unica muta testimone, fra i cadaveri offesi" e che "quando scendemmo dalla montagna verso Arezzo ci seguì; l'unica forse" – dicesti – "i cui occhi gialli saranno senza ricordi e senza rimorsi".
Non so quanti abbiano compreso – allora – il tuo dire di uomo di pensiero e d'arte. Tu hai sempre sostenuto che di fronte al male siamo tutti colpevoli perché ove c'è male c'è difetto di amore per gli uomini e fra gli uomini tutti.
Ed a questo senso dell'amore, come essenza e ragione di vita, Piero Sadun hai speso la tua esistenza. Questo senso l'ha tradotto in una continua ansia di ricerca di forme espressive che non fossero mestiere ma espiazione sofferta.
Forse, allora, in montagna, il tuo filosofeggiare sul bene e sul male d'ogni nostra azione ci ha anche urtato; ma poi la vita ci ha insegnato che tu, forse più di noi, parlavi proprio della vita, di quella che ci compete come esseri umani.
Un illustre critico d'arte, parlando della tua pittura, nel commemorare il trigesimo della tua morte ha scritto: "Ritornando dall'aver fatto il partigiano sulle montagne aretine, cominciò una pittura tutta di colore, come rotta di singulti, attraversata di lame di luce che sfrangiavano le forme e slabbravano i colori". Noi che ti abbiamo avuto a fianco nella lotta, pur senza essere uomini d'arte, forse più di ogni altro, comprendiamo quella tua ricerca di colori, quei singulti, quelle lame di luce che sfrangiano e slabbrano i colori: sono gli stessi singulti, le stesse lame del tuo dire di allora.
Noi crediamo di aver avuto in Piero Sadun un compagno di lotta la cui espressione artistica è e rimarrà testimonianza della sofferenza e delle illusioni che animarono la Resistenza.

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